Relazioni sindacali verso il 2.0
SI è appena conclusa la presentazione di LIFE BOOK 2015 al Circolo della Stampa di Milano, dove Stefano Parisi, ha presentato la necessità di un nuovo modo di intendere gli appalti del “facility”, andando oltre le “mansioni” per puntare sulla “performance”. Tra i volti soddisfatti dei numerosi imprenditori che escono dall’incontro, incrociamo quello di Michela Marguati – vicepresidente di ANIP e dirigente presso l’azienda di famiglia, la SOTRAF srl – che nel suo intervento durante il dibattito aveva sottolineato la necessità di cambiare il quadro delle attuali relazioni sindacali per adeguarle al nuovo sistema di riferimento proposto da Parisi.
D. Le piace l’idea proposta da Parisi? Una vera rivoluzione copernicana nel modo di intendere gli appalti da parte della pubblica amministrazione …
R. Si, mi piace molto, perché interpreta bene lo spirito nuovo che vogliamo imprimere al nostro lavoro anche nei confronti della pubblica amministrazione dove mettiamo al centro il cittadino e la sua soddisfazione. Superare il concetto di prestazione e focalizzare il contratto tra Stato e impresa sul risultato, la performance, cioè l’impatto che le nostre attività hanno sugli utenti, apre al tema dell’accountability che abbiamo lanciato dal palco di Life come prossima frontiera di valutazione del rapporto stato-servizi- cittadino.
D. Ma questo nuovo orizzonte vorrebbe anche una imprenditoria diversa …
R. Si, e noi siamo pronti. Con Life abbiamo aperto una pagina nuova nella nostra storia imprenditoriale: abbiamo iniziato a far capire che esiste una vera e propria “industria dei servizi” in Italia, con imprese che hanno una specifica complessità organizzativa, tecnologica e gestionale. Non siamo più quelli del “secchio con la scopa”! Lo dobbiamo dire forte perché, purtroppo, continuiamo a essere identificati come quelle imprese che approfittano della bassa manovalanza in un mercato dove vince solo chi riesce ad abbassare il costo del lavoro. A Life, per la prima volta, ci siamo messi l’abito “nuovo” e abbiamo iniziato a far capire all’opinione pubblica, alla politica e ai media come le aziende che compongono il nostro mondo siano realtà articolate, con strutture complesse alle spalle.
D. Quindi siamo pronti ad affrontare questa nuova sfida ….
R. Ancora non proprio perché, lo stiamo ripetendo da tempo ai nostri interlocutori e alla pubblica amministrazione, ragionare in termini di contratti di performance significa ripensare in modo nuovo anche la rappresentanza sindacale, reimpostare in una modalità completamente differente le relazioni con i sindacati. Noi oggi abbiamo davanti la sfida di costruire contratti che contemplano nuovi meccanismi, nuovi servizi e nuove modalità di valutazione del nostro operato con la pubblica amministrazione: strategie legittime, auspicabili direi, ma che non possono essere portate avanti con un mercato del lavoro, ingessato, ancorato a logiche del passato. Dobbiamo semplificare la burocrazia dei rapporti di lavoro, valorizzare la meritocrazia come parametro di valutazione dei lavoratori, introdurre elementi di flessibilità che ci permettano di utilizzare meglio la forza lavoro perché solo così riusciremo a cambiare i contratti di servizio con la pubblica amministrazione verso una logica di performance.
Stiamo, ad esempio, lavorando per formare figure professionali di alto livello che dovranno diventare gli interlocutori delle diverse amministrazione, professionisti attrezzati per comprendere i meccanismi del facility e che siano in grado di gestire la complessità delle nostre imprese per proporre le soluzioni innovative di cui ha parlato Parisi. Ma queste figure, oggi, escono fuori dagli schemi dei contratti tradizionali e non riusciamo a gestirli con i criteri della contrattualistica attuale che va radicalmente rivista. Insomma, dobbiamo entrare nella fase 2.0 delle “relazioni sindacali”. O ci modernizziamo tutti e, quindi, cominciamo tutti insieme a pensare in maniera più moderna al lavoro, ai contratti ed alle relazioni sindacali come ci chiede la logica della performance orientata verso soluzione innovative nei confronti della pubblica amministrazione, oppure saremo costretti a rimanere dove siamo, inchiodati al massimo ribasso, alla ricerca continua della riduzione delle ore e del costo del lavoro, sacrificando, di conseguenza la qualità dei servizi, la nostra professionalità, in una discesa senza fine verso il basso. Siamo solo agli inizi del cammino, che però dobbiamo intraprendere tutti insieme verso la stessa direzione, altrimenti non arriveremo mai.
D. In che modo, secondo lei, ANIP può accompagnare nei prossimi mesi le imprese in questo percorso innovativo?
R. Dobbiamo ripetere un’esperienza che abbiamo già sperimentato con successo in passato. Penso, ad esempio, alla vicenda di CONSIP Sanità dove, invece di svolgere la solita indagine di mercato con il gruppo dei player più importanti del mercato, la pubblica amministrazione ha interloquito direttamente con le associazioni di categoria per discutere le principali problematiche tecniche dei capitolati dell’ambito sanitario. Siamo riusciti tutti insieme (Anip, Legacop, Confcooperative e gli altri) a sederci allo stesso tavolo con CONSIP proponendo di comune accordo le soluzioni per arrivare a definire un possibile “capitolato sanità”. Il valore di quell’esperienza, al di là del merito tecnico, è stato che le associazioni degli imprenditori hanno superato il ruolo di mera rappresentanza degli interessi delle aziende per diventare interpreti del mercato, del settore, instaurando un rapporto trasparente con la PA. Siamo riusciti a redigere un documento tecnico per CONSIP che lo ha ripreso in diverse parti per scrivere un capitolato che fosse più conforme alle esigenze dell’utilizzatore finale. Senza entrare nel merito della gara, che rimane di stretta spettanza dell’ente pubblico, né invadendo lo spazio dell’offerta, dove le imprese devono potersi giocare fino in fondo la battaglia della competitività, noi siamo stati chiamati ad evidenziare le problematiche tecniche con le potenziali soluzioni, individuando i criteri e i parametri sulla base di quali valutare con efficacia il valore di quel servizio.
D. Questo modello di interlocuzione delle associazioni di categoria con la pubblica amministrazione potrebbe essere utile replicarlo per lo sviluppo e la progettazione di nuovi contratti di servizio basati sulla performance?
R. Si, certamente. Iniziamo a ragionare su cos’è un contratto di performance e come viene sviluppato, quali nuovi contratti si possono costruire e, soprattutto, andiamo a vedere quale impatto può avere sul mercato. Oggi siamo strutturati con aziende piccole medie e grandi, e, come associazione imprenditoriale, vogliamo che tutto il tessuto delle aziende cresca. Non tutte le imprese sono, però, pronte e in grado di affrontare quel tipo di sfida: come ANIP dobbiamo, quindi, lavorare per far crescere le nostre aziende, preoccupandoci di formare gli imprenditori ad approcciare in modo corretto un contratto innovativo come questo. Studiando, anche, forme e soluzioni aggregative adeguate per coinvolgere in questa nuova dinamica contrattuale pure le microaziende.