Il comparto dei servizi di Facility management (Fm) per la gestione e la valorizzazione dei patrimoni immobiliari e urbani pubblici (manutenzione, pulizia, igiene ambientale, energia, security, logistica, ecc.) è un settore labour intensive, cui appartengono migliaia di Pmi e diversi grandi operatori, in continua e costante crescita (+10,4% nel solo 2012, secondo dati Anac), nonostante la crisi. Come segnalato dal Cresme, mentre la crisi ha colpito pesantemente l’economia italiana e gli appalti di lavori pubblici sono crollati, gli appalti di servizi di Fm vivono un momento di ascesa senza pari.
Un vero e proprio boom anticiclico se si pensa che, negli anni della grande crisi, questo mercato è cresciuto del 60%, mentre i lavori pubblici sono diminuiti di oltre il 45%, con un impatto in termini occupazionali con oltre 2,5 milioni di occupati potenziali (stima dell’Osservatorio nazionale facility management di Cresme Europa), un volume di affari di oltre 38 miliardi di euro l’anno, un volume potenziale stimato in più di 130 miliardi e un contributo potenziale alla formazione del Pil nazionale di quasi l’8,5%.
Tali numeri, inoltre, potrebbero ulteriormente crescere ove il Paese puntasse – come ha più volte evidenziato l’Anip, l’Associazione nazionale delle imprese di pulizia e servizi integrati aderente a Confindustria – alla riqualificazione energetica e alla gestione sostenibile dei patrimoni immobiliari pubblici mercato del green building, che conta 236mila posti di lavoro già creati e 400mila potenziali nel 2017, considerando occupazione diretta e indotto – con sensibili risparmi anche in termini di spesa per consumi energetici dello Stato: riduzione del 20% potenziale con risparmio di 1,2 miliardi di euro l’anno.
A livello europeo, secondo i dati Feni (Fédération européenne du nettoyage industriel) il comprato del facility misurato sugli ultimi 25 anni ha visto un incremento del fatturato da 12,8 a 64,6 milliardi di euro, con una crescita annuale del 9%, un incremento della penetrazione del mercato dal 43% al 66%, un forte aumento del numero d’imprese da 31.800 a 176mila e un raddoppio del numero di lavoratori coinvolti da 1,6 millioni a 3,32 milioni.
Tuttavia, a fronte dei dati sopra esposti, nel nostro Paese manca una disciplina che tenga conto delle specificità di settore e degli aspetti peculiari del comparto dei servizi che continua a essere considerato meno strategico e meno rilevante del comparto manifatturiero e delle costruzioni. Su quest’ultimo, peraltro è stata di fatto modellata fino ad oggi tutta la regolamentazione in materia di appalti pubblici.
In questo quadro, occorre che tali criticità siano subito poste all’interno dell’iter di definizione del nuovo codice degli appalti con l’obiettivo di modificarlo e renderlo più rispondente alle aspettative e alle potenzialità del settore.
Evoluzione del settore
A fronte di questa forte crescita del settore, tuttavia, committenza pubblica e imprese non hanno ancora sviluppato un adeguata consapevolezza nell’approccio ai complessi processi di programmazione, governo e controllo sottesi agli appalti in particolar modo di esternalizzazione dei servizi di Facility management.
Pur rilevando il poderoso sviluppo specie sotto un profilo quantitativo dei servizi di Facility management, emerge l’assenza di un parallelo processo di governo e di sviluppo degli appalti in un’ottica qualitativa. Diventa opportuno se non strategico che il mercato dei servizi di Fm per i patrimoni pubblici venga oggi sottoposto ad analisi e check up non solo di tipo quantitativo, ma anche e soprattutto di tipo qualitativo, ponendo al centro dell’attenzione anche il tema nodale della qualità dei servizi e introducendo l’innovativo concetto di qualità sostenibile, che può essere perseguita bilanciando obiettivi attesi e risorse economiche disponibili.
In presenza di un contesto di mercato che tende a ricorrere sempre più a sofisticate ed estreme forme di esternalizzazione, delegando anche in toto alle imprese le funzioni di gestione prettamente operativa dei beni immobiliari e urbani pubblici, le committenze pubbliche hanno l’obbligo di mantenere e potenziare quelle funzioni strategiche di indirizzo, programmazione e controllo dei processi e della qualità dei servizi che oggi più che mai devono essere considerate del tutto inesternalizzabili.
Rispetto a ciò, tanto le committenze quanto le imprese devono assumere una direttrice di comportamento orientata verso l’acquisizione e l’esercizio di competenze e know how tecnici, ma anche e soprattutto verso l’assimilazione e il rispetto di regole etiche fondamentali per uno sviluppo del mercato nella legalità.