di Luciano Stella, MUST & Partners
Tra il 23 ed il 26 maggio 2019 i cittadini dell’Unione europea sono stati chiamati alle urne per eleggere i loro rappresentanti nel Parlamento europeo. Queste elezioni ci consegnano un’Europa priva di narrativa comune e definita piuttosto da evoluzioni e rivoluzioni nazionali.
Per la prima volta dal 1979 l’affluenza alle urne è aumentata, registrando il risultato più alto degli ultimi 20 anni. La partecipazione è stata pari al 50,9% rispetto al 42,6% del 2014. L’Italia, in controtendenza, ha mostrato un calo di circa tre punti percentuali rispetto alle ultime elezioni.
Le due grandi famiglie politiche tradizionali, il Partito popolare europeo (PPE) e l’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) si confermano i principali gruppi all’interno del Parlamento pur perdendo una parte del consenso. Il PPE ottiene 179 seggi ma subisce notevoli perdite rispetto alle elezioni del 2014. L’Unione Cristiano-Democratica di Germania (CDU-CSU) di Angela Merkel continua ad essere il maggiore partito del PPE ed il primo partito in Germania mentre il Partito Popolare Austriaco (Övp) di Sebastian Kurz è il primo in Austria. L’incertezza in merito all’uscita dai popolari degli ungheresi di Fidesz sembra risolta a seguito della dichiarata intenzione di Viktor Orban di restare nel gruppo.
L’S&D è il secondo gruppo parlamentare con 152 seggi, 35 in meno rispetto alle elezioni del 2014. Il Partito Socialdemocratico (SPD) in Germania perde ben 11 seggi e il Partito Democratico (PD) in Italia ne perde 12. È il Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE) a tenere, guadagnando 6 seggi rispetto al 2014 e diventando il primo partito socialista in Parlamento.
Ad un calo del supporto per PPE ed S&D corrisponde un incremento di voti per liberali, verdi e sovranisti.
La coalizione liberista centrista guidata dal presidente francese Emmanuel Macron è la terza forza in PE con 110 seggi. Il nuovo gruppo che rappresenterà i liberali dell’ALDE ed En Marche si chiamerà “Renew Europe”. Emmanuel Macron perde però in casa con il 22,4% la sfida simbolica con la rivale Marine Le Pen al 23,3% segno che l’era macroniana europeista non ha spento il fuoco sovranista in Francia.
Le preoccupazioni sul surriscaldamento globale portano i Verdi ad un successo oltre il prevedibile con 76 seggi rispetto ai 52 del 2014. L’onda verde investe soprattutto Germania, Francia ed Irlanda. I verdi (Grüne) si affermano come partito leader di sinistra in Germania raddoppiando i risultati del 2014 e sopravanzando la sinistra dell’SPD.
Il gruppo dei sovranisti dell’ex-ENF, ora “Identity and Democracy”, con la Lega di Matteo Salvini ed il Rassemblement National della francese Marine Le Pen arriverebbe a 73 seggi, ben 37 in più rispetto al 2014. Il RN è il primo partito in Francia e la Lega è stata l’indiscussa vincitrice in Italia, con poco più del 34% dei voti rispetto al Movimento 5 Stelle che ottiene solo il 17%.
L’ex-EFDD del M5S e del Brexit Party di Farage conquisterebbe 44 seggi ma si potrebbe dissolvere con l’uscita dei britannici dall’UE. Nel Regno Unito, Nigel Farage è ancora primo con il 31,6%, con il solito argomento sintetizzato dal nome del nuovo partito.
Infine, i conservatori dell’ECR raggiungono 58 seggi, 19 in meno del 2014 con il Pis (Law and Justice) polacco primo partito nazionale al 45,3%.
Ci attende ora una fase di completo rinnovamento dei vertici delle Istituzioni europee con mesi di consultazioni e nomine, dal Presidente del Parlamento a quello del Consiglio europeo, dal Presidente della Commissione a quello della BCE.