QUI LONDRA: La strategia di Trump, ecco come gli Usa conducono la battaglia economica

Nuovo appuntamento con QUI LONDRA – rubrica curata da Claudio Cornini*, fondatore della boutique finanziaria londinese Cornhill & Harvest. Una realtà che in partnership con ANIP offre un importante aiuto per lo sviluppo delle nostre imprese.

Trump vede l’Economia come la forma di guerra piú facile da vincere, per un paese in deficit commerciale strutturale (ma con la moneta di riserva mondiale e l’esercito piú potente del mondo per proteggerla).

“Quando un paese (USA) perde molti miliardi di dollari nel commercio con qualunque paese con cui fa business, le guerre commerciali sono buone, e facili da vincere. Esempio, quando abbiamo un deficit di 100 miliardi di dollari con un determinato paese e loro fanno i furbi, non si deve commerciare piú – vinciamo alla grande. É facile”
Tweet delle 11.50am EST del 2 Marzo 2018

Il dilemma tra il suo istinto non-interventista e la sua volontá di un’America forte ha trovato proprio nell’Economia la terza via. Che il costo delle sanzioni passa inevitabilmente al consumatore é problema da economista, o forse da businessman, ma non é intuíto, o forse neanche percepito, dall’uomo della strada, suo elettore.
E la guerra delle tariffe é stata solo la prima forma di belligeranza economica del Presidente.

“Le tariffe renderanno il nostro Paese MOLTO PIÚ FORTE, non piú debole. Sedetevi e godetevi lo spettacolo! Nel frattempo, non é bene che la Cina voglia rinegoziare gli accordi all’ultimo minuto. Questa non é l’Amministrazione Obama, o l’Amministratore di Sleepy Joe [di un dormiglione NDT], che ha permesso alla Cina di farla franca!”.
Tweet delle 12.28pm EST 10 Maggio 2019.

Il negoziato é ancora in corso, ma é probabile che gli USA migliorino la loro posizione bilaterale rispetto al punto di partenza. Inoltre l’attenzione al tema Cina per Trump é geopolitica. Lui vede la Cina come soggetto in cerca di affermazione assertiva (o aggressiva) sulla scena mondiale – potenzialmente come la Germania del Kaiser all’inizio del secolo scorso. Ma questo é un altro tema. Il (probabile) successo con la Cina ha rafforzato il Presidente nella sua convinzione, ed egli ha ora rivolto i cannoni tariffari verso il Messico. Nel mese di giugno il Messico é minacciato di tariffe se non chiude il proprio confine meridionale all’immigrazione “di passo” dall’America Centrale. Nel giro di poche ore il Messico cambia la politica di controllo delle proprie frontiere sud. E Trump, che non sembra essere rancoroso, ritira la minaccia tariffaria ed elogia la nuova posizione messicana. Altra missione compiuta senza body-bags.
Una seconda forma di arte bellica per Trump é il ribilanciamento dei contributi alle organizzazioni internazionali, a cominciare dalla NATO (ma in futuro magari ONU, FMI, Word Bank). Il sentiment americano é che gli europei siano dei free-riders. Ricevano cioé continuamente un” passaggio gratis” (o sussidiato) dall’America, in materia di difesa. Nella NATO solo USA, UK, e Grecia devolvono un minimo del 2% del PIL in spesa miltare. Rispettano cioé una specie di Trattato di Maastricht militare.

“Non possiamo seguitare a pagare per la protezione militare dell’Europa mentre gli stati della NATO non pagano la loro giusta parte e “mangiano il grasso del paese” [citazione da Genesi 45:128, NDT]. Noi siamo stati molto generosi con l’Europa ed ora é tempo che noi badiamo a noi stessi” .
“A tweet from Donald Trump? – si é chiesto l’Economist – no, le parole di John F. Kennedy’s, al National Security Council nel 1963” . É un sentimento che, come si vede, viene da lontano.

Al G7 di Toronto del 2018 Trump ha iniziato a porre fortemente il tema della spesa militare, specie in chiave anti-Germania (e piú in generale anti-UE). Della serie: noi compriamo le loro Mercedes, noi li difendiamo e loro fanno accordi con i russi per il gas (o adesso con i cinesi, nel caso dell’Italia) e ci fanno la morale in politica estera e climatica. L’UK sembra esente dalle ramanzine di Trump, in parte perché rispetta il limite del 2% e in parte perché in uscita dal blocco europeo continentale.

In un suo tweet di novembre 2018 Trump esprime il proprio pensiero, che vale per l’Europa e per l’intero sistema globale di alleanze USA : “paghiamo in materia di difesa] centinaia di miliardi di dollari per il grande privilegio di perdere centinaia di miliardi di dollari nel commercio con gli stessi paesi”.

Come primo risultato, da quest’anno anche Estonia, Polonia, Lettonia e Lituania rispettano il limite del 2% ed un certo dibattito interno si comincia ad avvertire in Europa (e in Canada).
Ma una terza arma sembra profilarsi: i tassi di interesse. E questo in concomitanza con il lancio della campagna del Second Term, per le rielezioni del 2020, avvenuto il 19 giugno scorso.

Se il motto é “Keep America Great”, le Presidenziali si vinceranno come sempre sull’economia. Wall Street deve restare forte per dare ottimismo a tutti e in particolare tenere alti i valori dei fondi pensione. E la Borsa di Wall Street ruggisce quando i tassi di interesse sono bassi.
Nel mondo della finanza le correlazioni sono forti, e l’istinto di Trump lo porta ad attaccare in due direzioni.
Verso la FED. Trump seguita ad attaccare Jerome Powell, Presidente della Federal Reserve, da cui vorrebbe una taglio dei tassi dell’1%. “[L’Economia andrebbe] su come un razzo se abbassassimo un pó i tassi, tipo di un punto, e facessimo un po’ di quantitative easing”.Tweet 30 Aprile 2019. Ma la FED, nella sua indipendenza, ha dichiarto lo stesso 19 giugno che mantiene la key rate nel 2.25-2.5% range. Ma ha anche detto che le incertezze sono cresciute e che la FED “prenderá misure appropriate per sostenere l’espansione in presenza di un forte mercato del lavoro e di una inflazione prossima al suo obiettivo simmetrico del 2%”. Parole in codice per cominciare a parlare di rialzo di tassi. Ma Trump porta anche l’attacco verso la BCE. Con vari tweets nei giorni scorsi su Mario Draghi, che dichiarando di volere mantenere i tassi bassi, in un momento in cui la FED li potrebbe alzare, renderebbe l’Euro ancora piú debole, e utile a favorire ulteriormente la crescita dell’export europeo. Ancora quelle Mercedes…con i tedeschi che nascondono il lupo del marco sotto la pelle da pecora dell’euro.
Il mondo ANIP é focalizzato sul territorio italiano tanto in termini di clientela che di risorse, ma é importante ogni tanto sbirciare oltre la siepe per sapere quali sono i grandi temi che impatterano su tutti, a un livello piú alto. Da Qui (a) Londra serviamo un po’ anche a questo.

*Claudio Cornini, Director Cornhill & Harvest Limited

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