La pulizia, l’igiene e la sanificazione delle scuole sono diventate un vero argomento tabù per il nostro Governo, che ancora fatica a sciogliere i nodi sulla ripartenza delle lezioni a settembre, data su cui si staglia ancora la pesante ombra della pandemia. Da tempo la nostra associazione chiede, in particolare, di fare chiarezza sul tema dell’internalizzazione dei servizi di pulizia a seguito del concorso di marzo 2020 che ha assunto 11mila addetti già in forza ai soggetti appaltatori. La procedura ha escluso 5 mila persone rimaste senza lavoro, anche se è previsto un nuovo concorso per ristabilire la platea di 16mila addetti che lavoravano negli appalti. Il pasticcio porterà ad avere, forse, lo stesso numero di operatori assunti nella stagione degli appalti, ma con contratto ad ore dimezzate, e con mansioni non ancora chiarite. Una approssimazione grave, vista la necessità di far riaprire le 40mila sedi scolastiche attraverso una poderosa attività di sanificazione. Verrà espletata dai collaboratori scolastici? Questa domanda vorremmo rivolgerla al ministro Azzolina, cui va la nostra solidarietà per le minacce di cui oggetto, ma sui cui obiettivi vorremmo quanto prima un chiarimento. Temiamo che il ‘back to school’ sarà incerto sotto il profilo igienico sanitario: le preoccupazioni non solo solo nostre, ma anche di chi la scuola la vive più di tutti. E’ stata infatti pubblicata una indagine, condotta da un noto portale scolastico, che ha interrogato ben 25mila alunni sul grado di soddisfazione dell’igiene nelle scuole. Forse una delle più grandi operazioni di customer satisfaction mai effettuata nel Paese: il grado di preoccupazione registrato nel questionario alla vigilia del lockdown e nel pieno balletto dell’internalizzazione, non lascia ben sperare sul futuro. Assenza di strumenti per l’igiene delle mani e cura degli spazi comuni sono un elemento di preoccupazione che non depone per una buona ripartenza della scuola, ad oggi quasi del tutto disorganizzata. Questa preoccupazione non emerge da una associazione di imprese, ma da studenti e studentesse. Se il ministro non ascolta noi, almeno dia retta a loro