Le misure per agevolare sanificazione e acquisto di dispositivi di protezione individuale sono state caldeggiate dal settore dei Servizi sin dal primo insorgere della Pandemia. Ad alcuni mesi di distanza dall’introduzione del tax credit, chiediamo alla Dottoressa Linda Faiola – membro della task force COVID_19 istituita in seno ad ANIP-Confindustria – un primo bilancio dell’intervento governativo che, nella ripartizione finale delle risorse, ha potuto rifondere le spese sostenute solamente di una piccola cifra, all’incirca il 9%. Questo effetto deludente può aver spinto molte imprese a ricorrere a servizi e prodotti in una fascia di mercato bassa con l’obiettivo di risparmiare, ma senza rispondere ai criteri di sicurezza e professionalità che le opere di igiene, pulizia e sanificazione richiedono.
Innanzitutto, come nasce il cosiddetto ‘bonus sanificazione’?
L’articolo 125 del Decreto Rilancio (DL numero 34 convertito in legge n 77 del luglio 2020) al comma 1 ha disposto che ad una ampia platea di soggetti (e.i. ai soggetti esercenti attività d’impresa arti e professioni, agli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore, gli enti religiosi civilmente riconosciuti e alle strutture ricettive extra alberghiere) spetta un credito d’imposta in misura pari al 60 per cento delle spese sostenute nel 2020 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonchè per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti. Il credito d’imposta spetta fino ad un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 200 milioni di euro per l’anno. La ratio della misura era evidentemente quella di favorire gli interventi di sanificazione necessari allo scopo di prevenire e o ridurre la diffusione del COVID – 19 . Per tale intervento sono state messe a disposizione fondi per 200 milioni di euro, per tutto l’anno 2020 .
Come funziona il meccanismo?
Da un punto di vista operativo, per avere il contributo andava presentata entro il giorno 07.09.2020 una istanza con apposito modello predisposto dalla Agenzia delle Entrate, nel quale si doveva riportare la somma spesa e quella programmata sino al 31.12.2020 . In un rigo successivo andava calcolato e riportato l’importo pari al 60% delle somme spese e programmate .Il giorno 11.09.2020, l’Agenzia ha comunicato nei tempi previsti , l’importo del credito di imposta effettivamente spettante , ottenuto rapportando le somme richieste ai fondi complessivamente stanziati . In caso di richieste pari a 200 milioni di euro la somma spettante , al netto di eventuali irregolarità nella istanza , sarebbe stata pari a quella richiesta e cioè il 60% . La misura effettiva del credito di imposta che è stata riconosciuta invece è pari al 15.6423 % della somma richiesta, quindi poco più del 9% del totale sostenuto e programmato entro il 31.12.2020.Ciò a causa degli importi consistenti richiesti ( € 1.278.578,142 ) ,cifra che è stata rapportata ai fondi a disposizione per il conteggio della misura effettiva .Giova ricordare inoltre, che l’importo sopra evidenziato è il 60% delle spese sostenute, che sono quindi ben superiori. Segno tangibile della utilità e della richiesta di sicurezza negli ambienti di lavoro e nei luoghi aperti al pubblico, ma anche della sensibilità dimostrata dagli operatori interessati.
Come valuta gli esiti dell’intervento, quali i reali benefici per le imprese che hanno avuto necessità di sanificare e proteggere i propri lavoratori?
Indubbiamente un esito deludente per molti, attesa anche l’importanza e la necessità correlata alla tipologia di spese e interventi E’ del tutto evidente che la stessa finalità del provvedimento normativo “allo scopo di prevenire e o ridurre la diffusione del COVID – 19 “ contrasta con l’esiguità della misura, rispetto alle reali esigenze e ad un responsabile atteggiamento di rispetto delle regole imposte per l’adattamento dei luoghi di lavoro e dei locali aperti al pubblico .In questo contesto complicato, anche sotto il profilo finanziario ,è anche prevedibile aspettarsi che gli operatori possano avere difficoltà o resistenza a fare ricorso a servizi specializzati.Potrebbero ritenere preferibile orientarsi verso servizi più economici, approssimativi e sicuramente tali da non garantire la condizione di contrasto alla emergenza epidemiologica . Giova ricordare che la ratio legis della agevolazione era quella di incentivare interventi che garantissero una condizione che, “risulta soddisfatta qualora sia presente apposita certificazione redatta da operatori professionisti sulla base dei Protocolli di regolamentazione vigenti “.In buona sostanza, visto che l’agevolazione non risulta essere una misura attrattiva , o meglio lo è in misura risibile, all’operatore converrà fare ricorso a servizi anche non qualificati , oppure con auto produzione del servizio, prediligendo valutazioni meramente economiche invece che orientate alla sicurezza .