QUI LONDRA, prospettive in rialzo per i tassi: cosa accade domani?

Nuovo appuntamento con QUI LONDRA – rubrica curata da Claudio Cornini, fondatore della boutique finanziaria londinese Cornhill & Harvest. Una realtà che in partnership con ANIP offre un importante aiuto per lo sviluppo delle nostre imprese.

Claudio Cornini, Director Cornhill & Harvest Limited

Ah i tassi di interesse! Per una (mezza) generazione sono stati un elemento non significativo nelle scelte economiche di famiglie e imprese. Ed ora sembrano tornare alla ribalta, per la prima volta dal 2008. No, non mi riferisco la riforma dell’Euribor (l’indice cui si rapportano gli impieghi a tasso variabile). Modifiche di algoritmi un po’ arcani che non cambiano la sostanza delle cose.

Ma quello che potrebbe tornare a turbare i nostri sonni è il possibile rialzo dei tassi prefigurato nelle scelte attese della FED, della BCE, della Bank of England.

Significherebbe credito al consumo e mutui più costosi per le famiglie e naturalmente costo della finanza in rialzo per le imprese. Significherebbe anche – ci si pensa di meno – riduzione nel valore degli assets. Un immobile affittato ad un reddito fisso, scende di valore quando salgono i rendimenti attesi. Esattamente come per un BTP.

Ma ci sarà davvero poi un significativo aumento dei tassi? Visto che le banche centrali temono una nuova recessione? I valori degli assets sono ai massimi, così il debito e l’attivitá di M&A, segnale classico di finanza surriscaldata. E da qualche parte si attende solo il “Lehman Moment” (la crisi della banca americana Lehman che nel 2008 fu il catalizzatore della recessione mondiale). Il pretesto, insomma, che scatena le prezzature al ribasso.

Con la borsa di Shanghai scesa del 20% dal suo picco di gennaio 2018 (alla luce delle prospettive di una Guerra commerciale con gli USA), la Cina è tecnicamente in un bear market. Potrebbe venire da li il fattore scatenante di una crisi?

O forse dall’eurozona? La Germania ha un trilione di Euro in credito sul Sistema Target 2 di regolamento interbancario europeo. Di converso, 450 billion sono il debito dell’Italia in Target 2. E quest’anno scade la politica informale di sostenimento del debito sovrano europeo “whatever it takes” (“costi quell che costi”) mantenuta dalla BCE di Draghi (anche lui in scadenza). E questo in un momento in cui l’elettorato tedesco chiede più rigore – e quello italiano meno – nella gestione della loro valuta “condominiale”.

Se una qualche crisi scoppiasse, i tassi ancora una volta resterebbero fermi. Naturalmente per il motivo sbagliato, ovvero “for all the wrong reasons”, come si dice qui.

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