QUI LONDRA: L’Italia resta interessante per gli investitori esteri di private equity. Perché?

Nuovo appuntamento con “QUI LONDRA” , rubrica curata da Claudio Cornini, fondatore della boutique finanziaria londinese Cornhill & Harvest. Una realtà che in partnership con ANIP offre un importante aiuto per lo sviluppo delle nostre imprese.

di Claudio Cornini, Director Cornhill & Harvest Limited

 

I dati sugli investimenti di private equity del primo semestre 2018 in Italia, pubblicati lo scorso 19 settembre dall’Aifi (Associazione Italiana di Private Equity), mostrano una crescita significativa (+49%), di cui quelli di provenienza estera rappresentano oggi il 50% circa. Il dato eclatante e’ che la raccolta estera del primo semestre 2018 raggiunge i € 607 M, pari a oltre 6 volte il dato di € 96 M del primo semestre 2017. Le statistiche sono necessariamente retroattive e l’inevitabile tentazione è di proiettare il trend passato sul futuro. È un po’ come guidare guardando lo specchietto retrovisore. Ma l’estrapolazione sul secondo semestre è confermata dal sentiment di chi opera quotidianamente sul mercato – anche oggi, mentre scrivo queste note.

Perchè dunque questo interesse di investitori di private equity al contrario di investitori monetari (banche, fondi di investimento monetari, istituzionali) che percepiscono un maggiore rischio Italia e chiedono maggiori tassi, con conseguente rialzo dello “spread”?

I motivi sono vari. Innanzitutto la natura dell’investimento. Un private equity investor compra una azienda, una cosa concreta, sulla quale lavorerà, spesso con la proprietà preesistente, per creare valore in uscita negli anni a venire. L’investitore monetario compra invece carta (peraltro denominata in Euro, di cui ne’ l’Italia ne’ alcuno stato membro dell’Eurozona ha la stampante) e deve anticipare a che prezzo puo’ sbarazzarsene in caso di crisi del paese (e/o della valuta).

Si aggiungono poi motivi più specifici per il private equity, come le situazioni distressed, che seguitano ad abbondare in presenza della finanza difensiva imposta dai Regulators alle banche, e che offrono a investitori finanziari con nervi saldi delle interessanti opportunità di creazione di valore in uscita. Si tratta delle aziende incagliate o a sofferenza, le cosiddette special sits (special situations).

Ma fondamentale per chi investe è la chiarezza del quadro politico. Si dice che i mercati amino le certezze. E un governo che dopo 4 mesi in office ha consensi record al 62%, da’ di per se’ un forte segnale di continuità e di certezza. I possibili scontri con l’UE (che proccupano, peraltro a livello generale di Eurozona, le rating agencies e gli investitori monetari) sono cinicamente scontati dai private equity investors come the new normal dell’Unione, alle prese con atteggiamenti disallineati degli stati membri (o ex-membri) ad est, ad ovest o a sud.

Ovviamente le windows of opportunity non restano aperte per sempre. Le opportunità vanno colte quando ci sono. Siamo qui per questo. Come diceva qualcuno da queste parti cinquecento anni fa: “C’e’ una marea nelle cose degli uomini che, colta al flusso, porta alla fortuna” (Shakespeare, Giulio Cesare, atto IV, scena III).

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